Racconti di parto allo Spazio Mamma

8 MARZO 2017

Che giorno, se non proprio la festa della donna, è adatto per trattare un tema così delicato quanto forte come il parto?
Il parto segna da sempre il confine fra la vita passata e la vita futura di molte donne.
Ogni mamma si sa, è diversa dalle altre.. ma una cosa le accomuna tutte: il momento in cui hanno dato alla luce il proprio bambino è accompagnato da emozioni ambivalenti e fortissime, solitamente con un finale di gioia travolgente…nel momento in cui tutto è andato bene e si tiene tra le braccia il proprio cucciolo.

Ma, come ogni donna, ogni mamma è diversa, ogni parto lo è altrettanto, caratterizzato da emozioni, ricordi ed esperienze diverse, contrapposte e alle volte così lontane, ma spesso accumunate, poi, da radici comuni.

Il fuoco. Una scala che va verso l’alto. L’uscita da una grotta. Fiori colorati. Una mamma e un papà che si abbracciano. Una tempesta. Cosa accomuna tutte queste immagini? Sono immagini scelte da noi donne per aiutarci a parlare del nostro parto.

Silvia è la mamma di Matteo, di otto anni, e di Nicolò, di sei anni. Matteo è stato molto cercato, arrivato dopo un aborto spontaneo e nato tre settimane prima del termine. Per Silvia, il suo primo figlio è stato come un arcobaleno dopo una tempesta: una gravidanza vissuta non serenamente: finita con un ricovero ospedaliero di una settimana prima del parto, durante la quale si ricorda che le veniva detto di “tenere duro”. Matteo è nato dopo una vera tempesta di ossitocina! Ma appena Silvia lo ha avuto tra le braccia, tutto il resto non contava più nulla. Nicolò, di sei anni, invece è nato con parto cesareo e questo è l’unico, ma grande rimpianto di Silvia : sente che “l’hanno fatto nascere” più che essere stata lei a darlo alla luce, non ha potuto stringere a sé il suo bambino appena nato e tuttora si sente rammaricata. La consapevolezza di quanto è successo nel dare alla luce Nicolò emerge sempre più nitida con il passare del tempo, e c’è ancora un dolore di cui Silvia sente di dover avere cura. Silvia ha imparato ad essere una donna più forte grazie al venire al mondo dei suoi figli.

Serena racconta della nascita dei suoi due bambini: Rebecca, di quattordici anni (che ormai bambina non lo è più!) e Francesco, di sette. L’ attesa e la nascita di Rebecca,un po’ (ma non troppo) inaspettata e vissuta in giovane età, le ha stravolto la vita, le ha dato forza nell’affrontare tutto il resto. Questo parto viene ricordato al buio, con una luce di tranquillità finale. Durante la seconda gravidanza, si è riscoperta più consapevole e matura. “Consapevolezza non è però sinonimo di sicurezza”, dice Serena, “più conosci la realtà delle cose e più ti senti grande, più puoi avere paura che possano andare male ed il pensiero di una “catastrofe”, per una mamma in attesa, può diventare un macigno sullo stomaco”. Nella sua esperienza, è sempre prevalso uno sguardo positivo al futuro e una fiducia di base, ma l’esperienza del secondo parto è sicuramente stata più impattante dal punto di vista emotivo, poiché , davanti ad alcune difficoltà, la mamma di Francesco era più attenta e “presente” su come stessero andando le cose: un parto vissuto come una tempesta, e con attimi di paura e di distanza fisica dal proprio bambino, che, dopo essere uscito con l’utilizzo della ventosa, è stato subito portato via per essere visitato dal pediatra…questo momento è ancora vissuto con tristezza e come una sorta di “scissione” nella relazione con il proprio bambino. Dall’esperienza del parto e della nascita ha imparato che niente è scontato e che le cose possono sempre sorprenderti. I parti dei suoi due figli raccontano tanto di quello che è stata ed è la sua relazione con ciascuno di loro.

La mamma di Andrea, sette anni e figlio unico, descrive suo figlio come se fosse due bambini insieme: “è maschio e femmina contemporaneamente, è un bambino dolce e sensibile, ma al contempo è un piccolo uragano”. La mamma, prima di dare al mondo Andrea, ha purtroppo attraversato l’esperienza dolorosa dell’aborto spontaneo, e anche la gravidanza di Andrea non è stata semplice: per motivi di sicurezza ha dovuto vivere l’attesa in casa e, al momento del parto, ha dovuto subire un cesareo programmato, sebbene di quell’evento conservi un bel ricordo, grazie anche al personale ospedaliero e alla possibilità che ha avuto sin da subito di averlo tra le sue braccia . Andrea per lei è stato un arrivo, un traguardo.“Di tutti i ruoli che ho, l’essere mamma è quello fondamentale per me”. L’unico rimpianto che le rimane è sul non essere stata in grado, e forse aiutata adeguatamente, nell’allattare il suo bambino.

La storia di Fiammetta, mamma orgogliosa di tre bambini:inizia con Isa, di otto anni, nata in acqua: quel parto è un dolce ricordo; ci confessa che il momento più bello è stato il travaglio in acqua, nell’intimità della sua casa prima di recarsi in ospedale. Per lei il parto di Isa è il colore e la freschezza della novità e dell’inaspettato. Il parto di Luca, nato in casa, tre settimane prima del termine, è stato il parto della consapevolezza, un po’ più difficile tecnicamente da affrontare e caratterizzato dalla presa di coscienza di ciò che il corpo “da solo” è in grado di fare . Per ultimo è nato Davide,l’istinto puro, anche lui nato in casa in un parto di 30 minuti, senza ostetrica, dove mamma e papà hanno messo in pratica l’insegnamento acquisito negli altri due parti ovvero il “lasciar fare”. Fiammetta è stata profondamente cambiata dai suoi parti e dalle sue maternità: ha scoperto il potere del femminile in tutte le sue sfaccettature, competenze, forze e fragilità.

Sul finale di queste e altre storie l’intervento di Giulia, donna e ostetrica, nasce dall’ascolto dei racconti e riallacciandosi alle loro parole, Giulia riconosce alle donne l’importanza dei loro vissuti, di questa esperienza così totalizzante che è la nascita dei loro bambini. Coglie così l’occasione per introdurre un altro punto di vista che ancora non era stato toccato. C’è, infatti, qualcun altro, oltre al bambino ovviamente, che vive un’esperienza unica al mondo: i papà. Spesso purtroppo vengono messi in disparte, vengono poco coinvolti, ma anche loro hanno qualcosa da raccontare e forse per loro è anche più difficile. Perché, si sa, spesso gli uomini hanno più difficoltà a parlare di qualcosa che li sconvolge, di così emozionante come il parto della loro compagna. Ma ecco il loro ruolo chiave nel vissuto del parto delle donne: sono i testimoni. I testimoni di quello che è successo “nella realtà”, perché spesso le donne in travaglio sono in un “mondo parallelo”, perdono la cognizione del tempo (giustamente la parte istintuale e irrazionale prevale sulla razionale e così deve essere) oppure dimenticano alcuni momenti. Assistere ai neo papà che raccontano e parlano insieme alle neomamme dopo il parto della nascita del loro bambino è qualcosa di unico: vengono messi insieme i pezzi di un ricordo che spesso è frammentato. La donna porta la sua parte: “mi sono sentita così…”, “ho pensato che…”, “è stato come se…” e l’uomo porta il suo contributo e spesso è lui a rispondere alla domanda “ma tu ricordi questo preciso momento?”. E sì, loro se lo ricordano.

Questa integrazione di ricordi, questo riunire le parti di un ricordo vissuto di una potenza incredibile tiene la donna, la contiene e la protegge. E’ un “permesso”, un attestato di riconoscimento alla donna che sentendosi dire “ti sei sentita così perché… e questo è assolutamente normale”, dà un nome al suo sentire e lo rielabora. Che sia stato un parto naturale, un parto cesareo, con epidurale, senza epidurale, che sia durato tanto o poco non è importante. E’ importante parlarne, riparlarne, ripeterlo, ripercorrerlo, e non importa se ogni volta il racconto è un po’ diverso, questo è quello che le donne vogliono. Giulia ha sentito dire “come avrei voluto riparlarne con qualcuno”, “come avrei voluto chiedere al mio compagno come l’ha vissuto lui”, “che cosa mi è stato detto e che cosa ho fatto perché non ricordo tutto”.; ha ascoltato tanti racconti di parto dalle donne: le donne chiedono e vogliono sapere tutto, vogliono avere tutti gli elementi per rielaborare loro esperienza. Questo non significa avere il “video” del parto e conoscere assolutamente tutto di ogni momento loro, un alone di mistero intorno a questo evento, che ha del miracoloso, c’è sempre, le donne han solo bisogno di tutti gli elementi che chiedono loro, perché quelli sono quelli utili a loro. Solo così si può prendere atto di quanto è accaduto, di come si sono sentite e come si sentono ora, di quello che ora sanno di loro stesse, dei loro compagni, del loro bambino. E da qui ripartire.

E questo è stato quello che è stato fatto oggi, 8 marzo 2017: abbiamo messo insieme altri pezzi, siamo cambiate, abbiamo ascoltato e abbiamo raccontato. Le donne si sono messe in gioco su un argomento così delicato. Un racconto ci cambia. Cambia sia il mittente, colui che dice, che il destinatario che ascolta. Un racconto che non è un racconto qualsiasi ma il centro di tutto: la nascita di un figlio. Una mattinata “terapeutica” e la terapia non è solo prendere un farmaco, la terapia può significare incontro, e cosa c’è di meglio che una terapia che non ha effetti collaterali, non ha contrindicazioni, non c’è il sovraddosaggio? Nulla. Ecco perchè giornate così andrebbero ripetute, perché fanno bene. E anche sentire i racconti delle altre donne fa bene, spesso si scopre di quanto si è simili o di quanto si è diversi. E’ stato un “esserci” anche quando non si era lì. Ma esserci ora perché anche se sono passati anni quello che si scopre ogni volta a dirlo è tanto. E’ questa la forza delle donne: ci sono.. Perché a partorire non è solo corpo e non è solo mente, è tutto. E come ci si prende cura del corpo dopo il parto ci si deve prendere cura dei vissuti e dei ricordi.

E così, l’esperienza del parto, spesso raccontata a tratti, necessita di essere ripresa, narrata e ri-narrata dall’inizio alla fine perché permette di entrare in contatto con le nostre parti emozionali più profonde. La narrazione ci aiuta a mettere in ordine idee, pensieri e vissuti, permettendo l’elaborazione dell’evento. Narrando e ri-narrando le loro parti, noi donne abbiamo sentito che si siamo prese cura delle loro ferite.

Due sono le forze che governano il parto: il fuoco e l’acqua, i due elementi simbolici che sono stati prevalentemente scelti anche dalle partecipanti di questo incontro. Siamo dotate di entrambe le cose: di fuoco, cioè di quell’energia più maschile che permette di affrontare il dolore, le spinte, ciò che accende la motivazione e la passione, ma anche di acqua, l’altra forza più morbida, che accoglie, accompagna e permette di avvolgere il proprio bambino. Il fuoco scalda l’acqua, e l’acqua modera il fuoco. L’una si trasforma nell’altra continuamente, ma alla fine è la forza dell’acqua che predomina. E il dolore si trasforma in gioia, la frustrazione in capacità di dare la vita. Ed è questo che ci rende uniche e speciali…semplicemente donne.

Scritto a “più mani” da Debora Comi, Simona Ghedini, Silvia Piovella, Serena Redaelli, Benedetta Rivolta, Fiammetta Sala, Giulia Toffolo.

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